L'adozione è un modo per diventare genitori: vi è un «concepimento affettivo» che avviene quando l'idea di accogliere un bambino, nata separatamente nel cuore dei due coniugi, viene condivisa. Da questo momento ha inizio un periodo di attesa, che spesso si prolunga per diversi anni. Il significato peculiare è quello di diventare genitori di un bambino nato da altri, che ha una sua storia e ha bisogno di continuarla con dei nuovi genitori, con cui formare una famiglia, «rinascendo» a una vita nuova. Sono diversi i fattori che entrano in gioco durante l'adozione nella nascita del senso di genitorialità adottiva e dell'identità del nuovo nucleo familiare. Nel processo di adozione, costruire un senso di appartenenza significa riconoscere che la genitorialità adottiva è, dal punto di vista affettivo, diversa da quella naturale, ma è anche sentire il bambino come realmente proprio, sviluppando un senso di sicurezza nel ruolo di genitori.
La filiazione adottiva non è uguale e neppure sovrapponibile a quella naturale (Barletta, 1991). Se nelle coppie biologiche la transizione alla genitorialità è sostenuta dalla gravidanza che costituisce una fase di mutamenti, sensazioni fisiche e fantasie, riccamente variegata sia per la donna che per l’uomo che la sostiene, e rappresenta un momento pregnante e fecondo per l’instaurarsi dell’attaccamento affettivo, nelle coppie adottive questa transizione è accompagnata da dinamiche specifiche.
Innanzitutto diventare genitori adottivi si fonda, spesso, su un’esperienza di “vuoto”, di privazione della gravidanza e dei processi psico-biologici a essa collegati. È soprattutto la donna a soffrire di questa mancanza. Quel bambino, originato nelle sue fantasie infantili, immaginato successivamente come oggetto d’amore, non si sviluppa concretamente all’interno del suo corpo. Le potenzialità presenti nella donna trovano nel vuoto generativo un limite doloroso da assimilare; ma la creatività materna può svincolarsi dallo stereotipo riproduttivo onnipotente ed essere valorizzata attraverso possibilità innovative, facendo della maternità adottiva un rinnovato esempio della capacità di donarsi.
La mancanza, felicemente compensata dall’adozione, non annulla comunque il sentimento di privazione di un’esperienza irrimediabilmente perduta. Nonostante queste difficoltà iniziali, alcuni studi (Brodzinsky, 1990) hanno dimostrato che nelle coppie adottive la difficoltà di adattamento al ruolo di genitori non crea ostacoli nell’esperienza di adozione: la deprivazione vissuta prima di diventare genitori può addirittura aumentare il senso di gratificazione associato alla genitorialità. Il processo dell’adattamento all’adozione può essere osservato anche alla luce della teoria dell’attaccamento enunciata da Bowlby (1969) il quale afferma che il lutto che vive la coppia infertile è quello per un bambino immaginato e atteso che non è mai arrivato, verso il quale si è anche stabilito una sorta di attaccamento. La coppia genitoriale deve elaborare questo lutto per poter superare le fantasie non realizzate e sostituirle con una realtà adeguata e appagante. Non sempre però questo processo di elaborazione è appagato quando si verifica l’adozione contribuendo ad aumentare il rischio che questa immagine “fantasmatica” venga usata come termine di paragone con il comportamento del bambino adottato. È importante quindi che i futuri genitori adottivi sappiano riconoscere ed essere consapevoli di aver costruito un’immagine di “bambino ideale” nel periodo di ricerca del figlio ed è importante sapersi interrogare su quanto questa immagine possa influire sulle loro aspettative a riguardo del figlio che arriverà (Lebovici 1989a).
Il bambino che arriverà non sarà il bambino immaginario, tanto idealizzato, ma sarà un bambino in carne ed ossa con proprie caratteristiche e peculiarità magari molto differenti rispetto a quelle che si erano desiderate (Monaco, 2013).
Più è forte il senso di idealizzazione, più consistente sarà il senso di privazione e sarà importante trovare le parole per esprimere il proprio dolore e attivare così l’elaborazione del lutto. Infatti uno degli aspetti più importanti dell’elaborazione del lutto e del definitivo risolversi dei vissuti è il sapersi svelare agli altri, cioè essere capaci di comunicare apertamente i propri sentimenti sia al partner sia agli amici più intimi che alla famiglia, affrontare cioè la realtà della perdita (Freud, 1931). Inoltre se il lutto non viene elaborato, il momento del confronto con il bambino reale può essere fonte di delusione e frustrazione per la coppia che rischia di incidere negativamente sulla riuscita dell’adozione.
Nella formazione del legame non si può sottovalutare il ruolo rivestito dal figlio adottivo. Il bambino adottato, a differenza di quello naturale, ha un passato segnato da perdite e traumi. Infatti ogni adozione presuppone un abbandono: la costruzione di nuove relazioni affettive e di una nuova relazione nasce sulle macerie della propria continuità genealogica.
La costruzione dell’identità del nucleo familiare adottivo
Al momento dell’adozione, il bambino perde ogni sicurezza affettiva costruita a fatica in ambienti dove spesso diverse figure si sono prese cura di lui. In casi come questi la personalità e la resilienza del bambino possono avere un ruolo importante nella formazione del nuovo legame di attaccamento e si può ritenere che questo sia compiuto quando sia i genitori che il bambino sentono che l’altro rappresenta una parte insostituibile di sé e della propria vita. Costruire un senso di appartenenza significa riconoscere che la genitorialità adottiva è, dal punto di vista affettivo, diversa da quella naturale, ma è anche sentire il bambino come proprio, sviluppando un senso di sicurezza nel ruolo di genitori. Importante in questo contesto è anche il processo di formazione dell’identità nei genitori, nel figlio e nella nuova famiglia appena formata. Uno degli autori che più ci aiutano a comprendere lo sviluppo dell’identità è Erickson (1950) che, attraverso la teoria psicosociale degli stadi di sviluppo, fornisce un’idea dell’importanza della risoluzione dei conflitti a ogni stadio per avanzare verso quello seguente. Il bambino adottato può avere maggiori difficoltà nella costruzione di un proprio senso di identità perché può sentirsi privo di una propria storia familiare e non ancora pienamente coinvolto nella storia della famiglia adottiva. Dal canto loro i genitori devono essere consapevoli delle difficoltà che il proprio figlio può affrontare.
Difficoltà che possono dipendere non solo da caratteristiche temperamentali del bambino, ma anche dalle aspettative disattese dei genitori che idealizzano il bambino adottato proiettando su di lui le loro fantasie di “bambino idealizzato”. Altri fattori che bisogna prendere in considerazione riguardano l’incertezza del progetto adottivo a cui si accompagna spesso il tempo indefinito dell’attesa e il riuscire ad affrontare l’integrazione di questo nuovo membro, estraneo, che porta con sé la propria storia che essendo parte della sua realtà va considerata nella sua interezza. I bambini adottati non hanno bisogno di genitori generici ma di genitori che sappiano tener conto realisticamente dei loro bisogni e dei loro vissuti per poterli superare integrandoli in un’esperienza comunicativa positiva.
Autrice dell'articolo: Dottoressa Psicologa Psicoterapeuta Sandra Vannucchi
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